by Snake
James Hunt e Niki Lauda. Questi non sono solo i nomi di due dei più grandi
piloti di Formula 1 di tutti i tempi, ma rappresentano anche un periodo di
grande importanza per le nostre vite, ovvero gli anni Settanta. Basta sapere
che, per la gioia di noi nerd, proprio nel 1976 (anno in cui è ambientato per
la maggior parte del tempo il film) due giovani programmatori di nome Steve
Wozniak e Steve Jobs fondarono la Apple Computers, e che inoltre l’anno prima
nacque ad Albuquerque (e qui c’entra qualcosa pure Bugs Bunny) la Microsoft.
Sono
anche gli anni nei quali non c’era ancora lo spauracchio dell’AIDS (che sarebbe
arrivato in America ed Europa poco tempo dopo), quindi il consumo di droga e il
sesso fine a sé stesso erano la “moda” del momento.
E’
attorno a questo che si sviluppa il personaggio realmente esistito di James
Hunt, protagonista a tutti gli effetti della prima parte della pellicola.
Figlio di un ricco agente di cambio che lo avrebbe voluto medico, James ha
lasciato la sua famiglia e la sua fortuna per inseguire il sogno di diventare
un campione automobilistico, e quindi godersi una vita a tutti gli effetti
sesso, droga e rock ‘n’ roll, in modo simile all’esteta di Kierkegaard.
Nonostante
quest’apparente superficie di macho insensibile, Hunt dimostra invece di essere
una persona vera, che trova nel suo modo di vivere una ragione ben più profonda
di quello che sembra. Egli infatti vede la Formula 1 come un modo per
avvicinarsi il più possibile alla morte, e dunque apprezzare maggiormente
quello che la vita ci offre, in pratica un’esistenza da vero cavaliere. Un altro
aspetto del suo essere “vero” è anche l’amicizia che nutre per il nobile Lord
Hesketh, l’uomo che lo ha preso come pilota nel suo team e che lo ha
praticamente salvato dalla strada, e questo legame ci viene mostrato in tutta
la sua sincerità alla fine del film (che a voi che non conoscete la storia vera
non voglio spoilerare).
Ai
suoi antipodi si trova invece Niki Lauda, il leggendario tre volte campione del
mondo che ha contribuito più di tutti alla rinascita della Ferrari nella
seconda metà degli anni Settanta. Lauda infatti è una persona calcolatrice,
fredda, totalmente priva di scrupoli, capace di fare qualsiasi cosa pur di
ottenere ciò che vuole, ma non per questo amorale (infatti sfrutta qualsiasi
cavillo nei regolamenti pur di raggiungere il suo scopo, che tuttavia rispetta
ove è chiaro).
Egli
può essere visto anche in un’ottica nerd, nella quale trova molti punti in
comune, come la sua mente matematica (il 20% di rischio oltre il quale non è
disposto ad andare), il suo chiudersi in sé stesso (nel film viene enfatizzata
la sua difficoltà nello stringere nuove amicizie e fidarsi della gente) e i
dubbi interiori che lo attanagliano, ma questo non significa che non può
provare sentimenti positivi, anzi, proprio a causa di ciò l’amore che prova per
la sua amata moglie Marlene resta la sua unica certezza, l’unica cosa, oltre
alla sua rivalità con James Hunt, che gli consente di andare avanti e
impegnarsi a fondo nella vita.
E’
chiaro che due persone così differenti l’una dall’altra possano essere in
totale disaccordo, e in un ambiente competitivo come quello della Formula 1 la
cosa non può che essere ingigantita, soprattutto se si ritrovano a doversi
contendere il campionato del mondo 1976.
La
loro rivalità ricorda molto quella degli antichi eroi epico - cavallereschi,
tanto diversi quanto simili, e nel film la cosa è enfatizzata tanto, forse un
po’ troppo rispetto alla realtà.
A
metà del film l’incidente di Lauda del Nurburgring, nel quale l’austriaco resta
in fin di vita, provoca un cambio radicale all’interno delle anime dei due
protagonisti, che si ritrovano a dover far fronte a due nuovi grandi mali:
fisico per Niki, rimasto orribilmente sfigurato, ma che non si vuole arrendere,
e torna al volante della sua Ferrari 42 giorni dopo a Monza con le ferite sul
viso e la testa ancora sanguinanti, quanto interiore per James, che si accorge
finalmente che la vita non è bella come credeva, anzi, spesso è ingiusta e
porta dolore, molto dolore, soprattutto a gente sensibile e attenta come Lauda,
che meno di tutti poteva meritarsi quello che gli è successo. I due imparano
un’importante lezione: bisogna lottare per restare a galla, non basta avere il
talento o il cervello, ma anche, e soprattutto, la forza di andare avanti,
perché ci sarà sempre qualcosa che ci ostacolerà, piccolo o grande che sia. In
questo alla fine scoprono di essere simili, ovvero nella loro testardaggine e
nella loro voglia di vivere (Hunt cogliendo l’attimo, Lauda godendosi la
tranquillità con Marlene).

Dopo
Apollo 13 e Cinderella Man (film sulla reale storia del pugile James J.
Braddock che consiglio a tutti caldamente) Ron Howard ci ha dato un altro
esempio di maestrale regia. La pulizia dell’immagine è strepitosa, con una
grande attenzione nei confronti dei minimi dettagli, e le scene ambientate
durante i Gran Premi sono curate con grande abilità, soprattutto quella
dell’incidente di Lauda, nella quale si toccano livelli altissimi di
drammaticità.
Anche
il tentativo di tornare indietro nel tempo negli anni Settanta è ben riuscito:
nell’ambiente si respira la stessa aria di allora, si sente una Formula 1 più
semplice, vicina al pubblico. Persino nell’abbigliamento, nel taglio dei
capelli e negli atteggiamenti dei singoli personaggi c’è una cura maniacale,
per non parlare delle macchine, sia da corsa che stradali, tutte originali
oppure repliche ben fatte (da menzionare anche che il pilota sessantottenne
Jochen Mass ha fatto da controfigura al personaggio di sé stesso nelle gare
girate nel film).
La
colonna sonora invece prende canzoni in voga all’epoca, assieme a temi
originali del film, tra i quali spiccano quello composti dal mitico Hans
Zimmer, uomo che ha lavorato in pellicole del calibro de Il re leone, Mission:
Impossible, Il gladiatore, L’ultimo samurai, la saga de Pirati dei Caraibi, Spirit – Cavallo selvaggio, la trilogia di Batman diretta da
Christopher Nolan e tanti altri che ora non vi riporto per ragioni di spazio.
Basti questo a farvi rendere conto dell’epicità delle musiche di questo film.
Non
si può tralasciare la grandiosa interpretazione di Chris Hemsworth (l’attore
che ha interpretato con grande successo la versione Marvel del dio Thor) nei
panni di James Hunt e Daniel Brühl (famoso per aver recitato in Bastardi senza gloria e Good Bye, Lenin! e per aver prestato la
sua voce al doppiaggio tedesco di Koda,
fratello orso) in quelli di Niki Lauda, i quali riescono a imitarli
meravigliosamente non solo nell’aspetto e nella voce (caratteristica che
purtroppo si perde nel doppiaggio italiano. Se potete, vedetevi il film in
lingua originale, e vi accorgerete dei loro accenti marcati, rispettivamente
inglese e tedesco), ma anche nei singoli gesti. I due hanno dovuto prepararsi
per mesi per entrare alla perfezione nei loro personaggi (Brühl ha persino chiesto
consigli al Niki Lauda reale del tipo “In
che modo ti concentravi prima della gara?” o addirittura “Ti infilavi prima il guanto destro o quello
sinistro?”), e non si può negare che ce l’abbiano fatta alla grande.

Anche
gli altri personaggi sono ben delineati, ma stona un poco l’interpretazione
leggermente plasticosa di Olivia Wilde nei panni di Suzy Miller, la prima
moglie di James Hunt, mentre il Clay Regazzoni impersonato dal nostro
Pierfrancesco Favino è un personaggio a cui purtroppo è stato concesso meno
spazio di quanto meritasse (bisogna sottolineare che è stato grazie a lui che
Niki Lauda è arrivato in Ferrari, oltre a essere stato suo buon amico, mentre
nel film sembra che l’austriaco non lo calcoli minimamente), ed è un vero
peccato, visto che colui che lo ha rappresentato è uno dei pochi attori
nostrani degni di rispetto. Luca Cordero di Montezemolo, allora direttore
sportivo della Ferrari nonché uno dei maggiori artefici del dominio di Lauda, è
tristemente relegato al ruolo di comparsa, così come il leggendario Enzo Ferrari.
Una cosa di poco conto per coloro che guardano il film senza sapere nulla della
Formula 1 (visto che il film è incentrato più sui personaggi di Lauda e Hunt
che sullo sport in generale), ma che fa storcere il naso agli appassionati come
me.
Invece
da elogio è la grandiosa interpretazione della rumena Alexandra Maria Lara, che
riesce a portare sul grande schermo l’essenza di Marlene Knaus, consorte di
Niki Lauda. Identica a lei nell’aspetto, riesce a impersonarla perfettamente,
imitando la dolcezza e il calore della donna che ha in pratica aperto il cuore
del leggendario pilota austriaco e ha contribuito a renderlo campione sia
dentro che fuori.

Rush è un inno a una Formula 1 oggi scomparsa, nella quale
regnavano ancora l’agonismo e il divertimento puro, anziché i soldi, è un
tentativo di aprire gli occhi e le menti della gente, forse un punto d’inizio
di una rivoluzione che ormai può nascere solo da noi semplici appassionati.
Oggi vedere gente intrepida come James Hunt sia dentro che fuori la pista è
impossibile, ci sono troppi obblighi contrattuali e d’immagine, ormai ci stiamo
sempre più avvicinando all’ambiente falso e ipocrita del calcio, ed è difficile
anche trovare qualcuno simile a Niki Lauda che se ne freghi altamente dei
giudizi della gente.
VOTO: 9
Un capolavoro
indiscusso, ma manca di quel qualcosa che lo avrebbe fatto entrare nella storia
del cinema
Caspita, questo mi manca.
RispondiEliminaCioè ricordo che dovevo vederlo a cinema, tuttavia poi finii per non andarci....
Devo recuperarlo insomma :)
Grazie mille per il commento, Marco! :)
EliminaDevi assolutamente recuperarlo allora!
E' un film bellissimo, se hai l'abbonamento a Sky in questi giorni lo danno, e lo trovi molto facilmente in DVD o Blu-Ray!